La lettura di testi relativi alla effervescente storia di una delle materie prime, profondamente agganciata all’economia reale, ci insegna che, a partire dal primo pozzo scavato nel lontano agosto del 1859 nella cittadina americana di Titusville, la storia del petrolio inizia ad essere condita costantemente da aneddoti, leggende e scenari che hanno contribuito ad alimentare l’interesse per questo strano e particolare olio intercettato proprio in quegli anni all’interno delle grandi pietre caratterizzanti il sottosuolo delle catene montuose della Pennsylvania.
Un po’ come accaduto per il natural gas, grazie al contributo ed alla intuizione di William Hart, ritenuto il padre del gas naturale, colui il quale intuisce il vero utilizzo, implementato nella nostra realtà contemporanea, di questa importante commodity conosciuta sin dall’antichità, quando addirittura considerata elemento divino per via delle fiammate che uscendo all’improvviso dal terreno hanno magicamente meravigliato intere popolazioni.
A seguito della la battuta d’arresto del contratto con scadenza maggio che si è verificata prevalentemente per ragioni tecniche narrate in innumerevoli occasioni ed in tutte le salse, la tanto auspicata ripresa del prezzo del greggio fa ben sperare ma l’attenzione e, se vogliamo anche la tensione, resta sempre altissima. Ripresa l’area sopra i 30 dollari al barile, il prezzo sta attualmente veleggiando tra questo livello ed i 34 dollari che rappresenta una ulteriore resistenza certamente da monitorare.
Stime effettuate di recente da Lloyd’s List, uno storico quotidiano fondato a Londra nel 1974 specializzato sulle notizie relative alla navigazione, alla logistica, alle piattaforme petrolifere, ha messo in luce un dato sul quantitativo di scorte di petrolio e prodotti raffinati presente sulle navi pari a circa 240 milioni di barili. Un numero impressionante anche se il segnale è in decisa controtendenza. Ricordo che questo tipo di scorte hanno dei costi maggiori rispetto alle stesse depositate in terraferma. In alcuni momenti dello scorso mese il noleggio delle petroliere ha raggiunto anche i 250 mila dollari in un giorno. Attualmente i costi sono decisamente inferiori ma comunque non trascurabili. Piccola divagazione e riferimento storico su Lloyd’s List. Fondato da Edward Lloyd, proprietario di un caffè/bar nella city di Londra che ha rappresentato dal primo momento un luogo simbolo per catturare delle informazioni utili agli armatori, ai naviganti che all’epoca contraevano polizze assicurative per le navi in partenza. Da questo caratteristico “centro informativo” nasce primo una sorta di bollettino per la navigazione denominato “Lloyd’s News” e successivamente il suddetto quotidiano. Questo storico caffè lo si può ammirare anche nel film degli anni trenta dal titolo “I Lloyd’s di Londra”.
Tornando a noi, un dato rilevante che pone al centro dell’attenzione un pò il polso della situazione è legato anche al numero delle trivelle. Dato sceso repentinamente. Il rapporto Baker Hughes che rappresenta una delle più significative aziende nel campo dei servizi petroliferi, evidenzia con un report pubblicato ogni venerdì della settimana il numero di trivelle negli USA. L’ultimo dato segna 258 trivelle/pozzi attivi. Nella giornata odierna, intorno alle ore 19:00 si attende l’aggiornamento. Storicamente negli Stati Uniti si è toccato il massimo nell’ottobre del 2014 con un numero di trivelle pari a 1609 ed il minimo lo si è registrato nel 2009 con 179 trivelle.
Altro elemento fondamentale è quello concernente il numero sulle scorte comunicato come di consueto settimanalmente dall’Energy Information Administration (EIA) che misura sostanzialmente l’incremento o la diminuzione del numero di barili di greggio. Le ultime pubblicazioni continuano a far ben sperare perché il dato di codesta settimana registra una diminuzione di 4,98 milioni di barili in controtendenza rispetto alle previsioni che ipotizzanti un aumento di poco più di un milione, un pò come la fotografia scattata la scorsa settimana quando, a seguito di continui numeri che hanno segnato un deciso aumento delle scorte, alcuni analisti hanno previsto un aumento ulteriore di circa 4 milioni di barili mentre il dato ha smentito anche in quella occasione le attese, difatti sono scese di 745 mila barili.
Dal punto di vista grafico, a mio avviso, è ancora presto per tirare un sospiro di sollievo, nonostante i segnali di ripresa. Su un timeframe settimanale si è creato un movimento a v che indica una continuità nel rialzo, tuttavia siamo ancora in una fase embrionale prima di immaginare di andare a riprendere il famoso Gap Down che si è configurato all’apertura dei mercati asiatici di quel lunedì di marzo di alcune settimane or sono. La resistenza statica in area 40 dollari è un traguardo che per il momento si ha difficoltà nell’andare a “solleticare”.
Analizzando il grafico giornaliero che è quello che prediligo, la resistenza si è spostata in area 34/35 dollari al barile. Fondamentale anche l’indice OVX, creato nel 2008 dal Chicago Board Options Exchange, decisamente utile a misurare la volatilità. Al momento della scrittura del mio articolo, la volatilità e tornata nuovamente a salire intorno ad 89,06, certamente lontana dall’eclatante 500 dei mesi tra i mesi di marzo e di aprile ma comunque abbastanza decisa se pensiamo che la media si aggira tra i 22 ed i 40.
Il petrolio riserva sempre contesti davvero complessi perché se da un lato certi facili ottimismi possono innescare una ripresa della produzione (scenario assolutamente non prevedibile al momento), allo stesso tempo le preoccupazioni legate ad eventuali nuovi contraccolpi relativi a rapporti geopolitici e non solo, alimenterebbero altri disorientamenti derivanti da un ennesimo ed eventuale eccesso di domanda. Dalla Cina sembra che i consumi e la richiesta di petrolio continua ad avvicinarsi quasi a livelli pre-lockdown. Proprio nella giornata odierna si dovrebbe riunire il Congresso nazionale del popolo con l’intento, almeno così sembra, di mettere sul piatto ed approvare ulteriori misure di stimolo alla crescita.
Tuttavia si continua a navigare nella grande incertezza, al netto dei tagli alla produzione decisi attraverso la video-conferenza di aprile dell”OPEC Plus, così come genera disorientamento la notizia giunta sempre dal più grande Paese asiatico che ha praticamente comunicano la difficoltà nel riuscire a focalizzare ed intercettare un obiettivo specifico relativo alla crescita economica per l’anno in corso. Porre moltissima attenzione. L’incertezza è sovrana e le stesse tensioni internazionali non son mai sopite, senza dimenticare il fibrillante duello tra Cina ed Usa (alimentato di recente anche da Hong Kong) condito da esternazioni, comunicati e tweet che fanno tornare alla mente, così come ho sottolineato in diverse occasioni, l’economista tedesco Hirschman, il quale ha più volte sostenuto come una buona comunicazione diretta e veloce, paradossalmente può risultare più importante ed incisiva rispetto ad un discorso strategico e ben argomentato.
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